Circolare n.15/2015 // Compensi CTU // Applicazione art. 161 disp. att. c.p.c. come modificato dalla L. 132/2015
Caro Collega,
scrivo per aggiornarti in merito alle azioni promosse dal Nostro Ordine in merito alla questione compensi CTU. Nei prossimi giorni una delegazione, composta dallo scrivente dal Collega Danilo Notarstefano e da Nuccio Cannizzaro, incontrerà i Giudici dell’esecuzione immobiliare per i Tribunali di Caltanissetta e Gela al fine di rappresentare la posizione che la nostra categoria intende assumere al riguardo.
Com’è noto il legislatore, nel procedimento di conversione del D.L. n. 83/2015, avvenuto il 6.8.2015 con la Legge n. 132, ha modificato l’art. 161 delle disposizioni attuative del Codice di Procedura Civile, incidendo nella determinazione dei compensi dell’esperto estimatore nei procedimenti esecutivi.
In particolare la norma statuisce che “Il compenso dell’esperto o dello stimatore nominato dal giudice o dall’ufficiale giudiziario è calcolato sulla base del prezzo ricavato dalla vendita. Prima della vendita non possono essere liquidati acconti in misura superiore al cinquanta per cento del compenso calcolato sulla base del valore di stima”.
L’Ordine ha rilevato alcuni aspetti dell’irrazionalità della norma, che contravviene per altro a disposizioni normative deontologiche e presenta profili di evidente inapplicabilità e incostituzionalità.
Il primo elemento è l’aleatorietà della vendita.
La norma statuisce infatti che la liquidazione definitiva è commisurata al prezzo di vendita del bene, conseguendone il fatto che, laddove la vendita non dovesse esitarsi, come spesso avviene per varie motivazioni fra le quali la rinuncia alla procedura da parte del creditore, l’esperto estimatore correrebbe il rischio di non essere retribuito per la prestazione svolta; addirittura potrebbe configurarsi il caso che, avendo nel frattempo ricevuto una somma in acconto, commisurata al 50% del valore dal bene dallo stesso determinato, potrebbe essergli richiesto di restituirla essendo in un questo caso pari a zero“il prezzo ricavato dalla vendita”, parametro di base per il calcolo del compenso.
In via subordinata si evidenziano le ulteriori e non meno delicate questioni relative ai tempi di liquidazione, che rimangono ancorati alla durata della procedura di vendita e ad una determinazione dell’onorario legata, sia nel quantum sia nell’effettivo verificarsi, all’efficacia della procedura di vendita.
Ulteriori elementi, intrinsecamente connessi agli eventi aleatori anzi descritti, si integrano nell’evidente contrasto con i dettati normativi che regolano la disciplina dei compensi degli Ingegneri. Il Codice Deontologico approvato dal Consiglio Nazionale, all’art. 11 vieta, infatti, espressamente che possano effettuarsi prestazioni a titolo gratuito, salvo nei casi normati dai commi quattro e cinque, ovvero nei casi dove sussistano motivazioni ideali ed umanitarie, o per l’aiuto a colleghi giovani in comprovato stato di difficoltà.
E’ del tutto evidente, pertanto, che in caso del mancato verificarsi della vendita, il collega correrebbe il rischio di aver lavorato gratuitamente, incorrendo così non solo nell’evidente danno patrimoniale ma anche nella contravvenzione al codice deontologico.
In ordine alla congruità dei compensi, il subordinare il quantum dell’onorario, per altro determinato su parametri riferiti al D.P.R. 115/2002 mai aggiornati, su un valore del bene che scaturisce dall’esito della gara, è evidentemente penalizzante del lavoro del professionista.
Le vendite nelle procedure esecutive immobiliari sono infatti influenzate da fattori che spesso distorcono il prezzo di vendita, riducendolo normalmente in maniera significativa rispetto al prezzo che la vendita esiterebbe in ordinarie condizioni di mercato, determinandosi così la circostanza che l’Esperto del Giudice veda mortificare il suo compenso, rispetto ad altro professionista che opera nel settore immobiliare diverso da quello delle vendite giudiziarie, pur svolgendo identica prestazione, se non addirittura più accurata, visti i complessi quesiti articolati dal Giudice dell’Esecuzione.
Con recente Sentenza del 24/09/2015 n. 192, la Corte Costituzionale, in fattispecie analoga, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 106 bis del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n. 115, come introdotto dall’art. 1, comma 606, lettera b), della legge 27 dicembre 2013, n. 147, nella parte in cui non esclude che la diminuzione di un terzo degli importi spettanti all’ausiliario del magistrato sia operata in caso di applicazione di previsioni tariffarie non adeguate a norma dell’art. 54 dello stesso d.P.R. n. 115 del 2002.
L’art. 36 della Costituzione garantisce al Professionista il Diritto ad una retribuzione proporzionale alla qualità e quantità del lavoro prestato.
L’art. 2333 comma 2 del Codice Civile statuisce che “In ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione”.
Alla luce delle predette disposizioni e pronunce ed agli evidenti profili di illogicità della norma, sussistono, ad avviso di questo Ordine, i giusti motivi per l’impugnativa nelle sedi competenti dei provvedimenti che discendono dalla superiore norma.
Per questi motivi l’Ordine è addivenuto alla determinazione di offrire assistenza a tutti agli iscritti nelle procedure di opposizione che gli stessi riterranno di voler promuovere avverso i decreti di liquidazione emessi in forza della disposizione di che trattasi, con contestuale rilievo di incostituzionalità, nella convinzione che anche in questo caso Corte Costituzionale ne dichiari l’illegittimità costituzionale.
Il Presidente
Fabio Salvatore Corvo
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